Attorno a Torino c’è un’area – chiamata CTR – in cui un paramotore non può volare. Quindi ho dovuto farci il giro attorno, e ne ho approfittato per dare una sbirciatina a posti in cui non ero ancora stato, in volo.
Decollando da un campo tra Pralormo e Carmagnola mi sono diretto verso un punto immaginario tra Casale Monferrato e Crescentino. In questo modo avrei aggirato il CTR, incontrando di nuovo il Po dopo una porzione di trasferimento su un’area sicuramente interessante da vedere dal cielo.
Non è stato per nulla così. Sono decollato alle 17.00, prevedendo 3 ore circa di volo, con l’incognita di non arrivare a causa del vento contrario e dal fatto che non conosco bene i consumi dell’accoppiata vela-motore con i miei carichi.
Ho riempito il serbatoio fino all’ultima bolla d’aria, ho faticato a mettermelo sulle spalle, ed ho atteso un bel pò minuti con tutto il carico in spalla, visto che il vento girava ogni minuto. L’idea di tentare un decollo con un anche esile alito di vento traverso…non è una buona idea. Questa vela ha bisogno di un buon spunto per alzarsi bene sopra la testa, il pensiero di abortire un decollo e quindi uscire dall’imbrago, risistemare la vela, reimbragarmi…etc…mi fa sudare al solo pensiero.
Alle 17 di un giorno come ieri l’attività termica si fa ancora sentire. Prevedevo un’oretta scarsa di turbolenza, ma anche queste previsioni si sono dimostrate sbagliate: sono stato due ore su una giostra. Sali, scendi, pendola, dondola, tira, molla, compensa, accompagna, segui…Altro che fotografare: per due ore non ho mollato i comandi se non per controllare la miscela, la velocità, e farmi quindi i debiti conti. Alle 17 e 54 per la prima volta apro la bocca e deglutisco.
In più ero distratto dalla media di percorrenza: a tratti procedevo a 25 all’ora, con una buona componente di vento in faccia, e a quel punto pensavo proprio di non arrivarci.
Avevo individuato un punto indicativo lungo la metà del percorso (in realtà poco oltre la metà): giunto a quel l’altezza avrei dovuto controllare il carburante a disposizione: se l’avessi trovato oltre la metà avrei proceduto, altrimenti avevo individuato un paio di ripieghi alternativi ad una decina di chilometri.
Prima di controllare il livello faccio un discorso tra me e me: di solito tendo ad essere ottimista e possibilista, ma non posso esserlo con il carburante. Mi dico che non devo trassare, devo essere sincero con me stesso. Sotto metà: ripiega. Sopra: vai.
Ma se il livello fosse stato esattamente a metà? Il serbatoio lo controlli con uno specchietto simile a quello della Barbie, vedi un fluido che balla in un contenitore, riesci a capire quanto ne rimane con un discreto margine. Ma se questo livello fosse stato difficilmente individuabile, cioè a ridosso della tacca della metà? Cosa avrei fatto, di fronte a quella linea che divide l’esistenza di un ottimista sognatore – che vuole procedere e che si inventa una soluzione – da un diligente conservativo che ripiega in sicurezza dirigendosi verso un’alternativa pianificata? Semplice: aavrei ripiegato.
Ma c’è Giuliano che mi aspetta stasera (piacevole novità dell’ultim’ora), da Sermide mi hanno chiamato dieci giorni fa, hanno addirittura tagliato l’erba lungo l’argine per farmi atterrare. Loro lavorano, hanno impegni e famiglia, si sono dimostrati ospitali e si sono impegnati per accogliermi, non me la sento di cambiare loro i programmi.
Tutto questo tra bolle d’aria calda, il gps che scende sotto i trenta all’ora, e due aerei che mi incrociano e ci salutiamo. Non ce l’ho fatta, volevo guardare, poi avrei deciso – di nuovo – cosa fare. Al massimo se mi fossi trovato “giusto” avrei cercato un posto dove passare la notte lungo la strada. Non sono un pilota di un aereo di linea che ha la responsabilità di tonnellate di macchina, vite umane e poche piste. La pista del paramotore è qualsiasi superficie mediamente pianeggiante, preferibilmente non coltivata, per buon cuore dei contadini.
Un litro sopra la metà.
Vai.
Passo Casale Monferrato e vado per la Lomellina. L’aria si calma, le ombre si allungano, spariscono le colline e vedo un’area ampia, sabbiosa, che mi attira. Mi accorgo che è il Po. Mi stavo dimenticando di lui, troppo impegnato a pilotare ho dovuto tralasciare un’ora e mezza abbondante di senso di questo viaggio. D’altronde questa è la tappa più lunga, poi non sarò più tenuto a decollare in orari termicamente attivi.
La Lomellina è un capolavoro, capisco ora i commenti di Umberto, amico fotografo e pilota di deltamotore. Mi prometto di ritornarci con calma, insieme a lui.
Procedo verso l’aeroclub Astra, dove hanno una pompa di benzina. Atterro con ancora 3 litri di carburante: con oggi ho conosciuto a fondo i miei due amici: il motore ed i suoi consumi, la vela e la sua gentilezza nelle turbolenze. A terra c’è l’ingegner Groppo, che in una struttura adiacente progetta ed assembla gli aerei da turismo che portano il suo nome. Mi viene incontro e mi accompagna alla pompa. Conosco Gianni, pilota di deltamotore e autogiro, che oggi ha accompagnato quattro sue amiche a fare loro il primo volo. Mi propongono di accompagnarmi in pizzeria con loro. Passo una piacevole serata in loro compagnia, e Gianni mi saluta raccontandomi del suo progetto di fare il giro d’Italia. Ovviamente in volo. Ci lasciamo i contatti. Io sono troppo stanco oggi (più di cinque ore soltanto di volo, e tre decolli-atterraggi), ma l’idea mi accarezza. Anzi, di più.
Passo la notte in una veranda che l’aeroclub utilizza come ritrovo sociale, mi addormento senza fare complimenti, contento di farlo.
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