Ho pochissimo tempo, in questa prima tappa ho pensato di sostare al mio solito campo, dove volo di solito, in modo da valutare il primo volo lungo. Tutta quanta l’attrezzatura è recentissima (quattro giorni di vita e meno di quattro ore di volo), per cui mi sono tenuto da pare un porto franco grazie a cui correggere la mira.
Questa mattina alle cinque e trenta Renzo mi aspettava sotto casa, e con lui è venuto suo fratello Dario. Non ci siamo mai conosciuti prima, ma dato che è il fratello di un amico fraterno, ed è un parapendista (ex post: l’altro fratello di Renzo, Sandro, vola in aliante e dopo sei anni da questa esperienza lo accompagnerò in Sudafrica, insieme a tutta la dua famiglia), grazie alla proprietà transitiva, alla sua cordialità, ed ai preziosi aiuti forniti al campo…è diventato ovviamente amico fraterno. Da subito. E vorrei che mi accompagnasse in futuro a volare in libero, la mia prima volta.
Il campo di Envie è affiancato da una magnifica falesia, che purtroppo cela dietro di sè il Monviso. Ero sicuro facesse freddo, soprattutto facendo un po’ di quota (non sono salito moltissimo, ma comunque al di sopra del punto in cui c’è ancora la neve). Mi sono abbigliato come un pupazzo. Al decollo avevo una zavorra mai vista prima, tra i 10 litri di carburante, tutto l’abbigliamento, l’emergenza ed il bagaglio (compresa macchina fotografica). Senza un refolo di vento ed una vela non proprio da scuola pensavo di ripetere almeno due volte il decollo. Mi sono fatto forza e sono partito, la vela si è alzata, ho spinto il gas e via…sono decollato…
Dopo poche virate ed i controlli di routine Renzo per radio mi ha chiesto come era lassù, ma non riuscivo ancora a parlare dal fiatone.
Direzione Revello, poi dritti in Val Po sulla verticale tra Paesana e Crissolo. L’incontro con un aereo da turismo giallo che mi saluta sbattendo le ali, ed il motore che canta per salire. Non ho fatto moltissima quota, il mio obiettivo non era raggiungere il Monviso, anzi…volevo salutarlo per dare l’inizio al viaggio e fargli un ritrattino. Un po’ di foschia mattutina, una mezzoretta persa in chiacchiere al decollo e la luce buona per lo scatto se ne è andata. Ho avuto modo di recuperare dopo qualche minuto, quando il sole si è alzato ancora un po’.
Ho salutato il gigante di pietra, sperando che la sua stazza imponente ed il suo aspetto simmetrico e inconfondibile potessero essere di buon auspicio per il mio viaggio. E dopo tutto non ho fatto altro che bussare alla porta del padrone di casa, in una sabauda forma di cortesia. Mi sgridavo per l’eccessiva prudenza nei confronti del freddo, ma allo stesso tempo benedicevo il tiepido sole primaverile di oggi, a cui non sono ancora abituato.
Mi sono divertito per qualche minuto ad un paio di centinaia di metri dalla cresta della falesia, accarezzando qualche timida ascendenza che iniziava a staccarsi dal costone esposto al sole. Poi la planata liscia liscia, cercando di percorrere a ritroso un breve tratto dell’andata, perchè non trovavo i miei amici. Poi una cascina ed una staccionata che avevo notato all’andata mi hanno fatto ritrovare la via.
A terra ho trovato il proprietario del campo, ho fatto un rabbocco (dimenticandomi di chiudere il tappo…), ho salutato purtroppo di fretta Renzo ed il mio nuovo amico, e sono ripartito per Carmagnola.
Liscio: più o meno riconosco il territorio, in giornate come oggi è facile dalla provincia cuneese notare le costruzioni più alte di Torino, sicuramente la Mole, e se è ancora più limpido si vedono in distanza gli aerei di linea nel circuito di Caselle.
Ho ancora fotografato, ma soprattutto ho tenuto sott’occhio i consumi e le velocità: questi mi servono per procedere bene nel viaggio, due foto in più a queste zone posso anche recuperarle in un secondo tempo: sono ancora dietro casa.
All’atterraggio mi arrabbio perchè ieri ho piazzato un segnavento, qualcuno l’ha spostato e non riesco a trovarlo. Non c’è vento forte, anche se sono le 10.30, il sole scalda ed a poche decine di metri da terra si ballla nell’aria calda., vorrei evitare di atterrare male proprio adesso, appena partito, nel campo di casa…Riesco comunque a cavarmela, a terra trovo il mio babbo, ci beviamo un caffè insieme, io vado a recuperare l’auto al distaccamento dei Vigili del Fuoco, dove avevo chiesto a Renzo di farmela trovare. Il mio viaggio inusuale ha fatto un po’ di passaparola, e nella bacheca del centralino c’è la fotocopia di un articolo uscito sulla Stampa, che riporta dettagli e date. Qualche pompiere fa i conti e i conti non gli tornano: mi guarda con aria stupita, mima un gesto delle ali chiedendomi che ci faccio lì (come una coppia di amici che proprio poche ore prima mi aveva augurato buon viaggio su Facebook)…ed io ovviamente spiego loro che sarei dovuto passare da Carmagnola, e quindi ho deciso di farci una tappa.
Non rimpiango questa scelta: ho appena fatto tagli al bagaglio, una spending review simile a quella che recentemente abbiamo conosciuto tutti. A terra il telo, a terra la trousse degli attrezzi (ridotti al minimo: 2 chiavi, una candela, un cacciavite, coltello e spago). A terra telecamerina, caricatore e batterie extra. Immaginatevi di salire su una bicicletta, avere a disposizione le tasche ed il manubrio (che corrisponde alla bagagliera che per fortuna ho predisposto). Lo spazio è quello. A terra il portafoglio: non serve, contanti e monete occupano meno spazio.
Vado a fare un pisolino all’ombra, tra qualche ora riparto, direzione Mezzana Bigli (Pavia). Sarò giusto giusto con i consumi, e sarà la tappa più lunga (bisogna fare il giro attorno al CTR di Torino Caselle),e spero di non avere vento in faccia….
A dopo
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